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La Milano da non perdere: Sant’Ambrogio, il Cenacolo…

SOMMARIO

Tappa irrinunciabile di un viaggio a Milano è la chiesa di Santa Maria delle Grazie che conserva oggi l’opera più famosa di Leonardo da Vinci. Oltre a questa, merita una visita la Basilica di Sant’Ambrogio progettata nel 379, capolavoro dell’architettura romanica lombarda. Si riprende poi un po’ di fiato nell’omonima piazza, da poco rinnovata, o nei numerosi bar e locali della zona

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La Milano da non perdere: Sant’Ambrogio, il Cenacolo…

I Musei del Castello

Passando sotto la torre del Filarete (ricostruita nel 1905 da Luca Beltrami perché l’originale crollò nel 1521 a seguito di un’esplosione), si entra nel Castello nel vasto cortile della Piazza d’Armi. Su di esso si affacciano le biblioteche tematiche ospitate nel Castello, la Raccolta delle stampe antiche Achille Bertarelli e l’Archivio Fotografico (vi si trovano 600.000 immagini dal 1840 a oggi). Dal primo cortile si accede a sinistra al cortile della Rocchetta che era il punto più sicuro del Castello in caso di assedio e a destra alla Corte Ducale. Gli ambienti della Rocchetta ospitano il Museo degli Strumenti musicali e il Museo delle Arti decorative.

Nella Sala della Balla (al primo piano, era destinata a uno sport assai simile al nostro tennis, molto apprezzato e spesso praticato da Galeazzo Maria) sono esposti gli Arazzi Trivulzio, eseguiti su cartoni del Bramantino tra il 1504 e il 1509. Dello stesso artista è l’affresco Argo dai cento occhi che decora la Sala del Tesoro ancora all’interno del cortile della Rocchetta. Il pian terreno e il primo piano della Corte Ducale ospitano il Museo d’Arte antica, la Pinacoteca e il Museo dei Mobili. Nel primo dei tre si trova l’ultima opera, incompiuta, di Michelangelo, la commovente Pietà Rondanini. Il Museo della Preistoria e Protostoria e il Museo Egizio si trovano nei sotterranei della Corte Ducale.

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Il convento dei domenicani

Sotto la signoria dei Visconti e degli Sforza, Milano conobbe un periodo di grande splendore. In particolare Ludovico il Moro rese la sua corte la più ricca e splendida d’Italia. Negli anni del suo governo (1480-1499) soggiornarono a Milano artisti, musicisti, poeti e filosofi: l’architetto Donato Bramante, i pittori Foppa e Zenale, oltre a Leonardo da Vinci. Il Duca come luogo di sepoltura degli Sforza scelse la chiesa Santa Maria delle Grazie, già fondata nel 1463 per volere dei Domenicani su progetto di Guiniforte Solari. Dal 1492 la Chiesa venne così radicalmente modificata e trasformata dal nuovo architetto scelto dal Duca, Donato Bramante. Questi fece abbattere presbiterio e abside; prolungò il tempio nella grandiosa tribuna rinascimentale; aggiunse un piccolo chiostro e una nuova sacrestia. Alla Chiesa si accede attraverso un portale marmoreo, generalmente attribuito a Bramante, decorato con stemmi sforzeschi e un fregio a medaglioni. L’interno si presenta a tre navate; le decorazioni e gli archi a sesto acuto di quella centrale testimoniano l’impostazione gotica-lombarda del Solari. Giunti nella parte absidale è chiaro invece lo stile bramantesco, più luminosa e quasi priva di decorazioni.

I capolavori di Donato Bramante

Una porta a sinistra del presbiterio porta al piccolo chiostro porticato. Disegnato da Bramante per Ludovico il Moro, consiste in un piccolo cortile quadrato di perfette proporzioni rinascimentali in mezzo al quale è posta una fontana decorata con curiose statue di ranocchie. Dal chiostro si passa alla Sacrestia vecchia, altra opera del Bramante. La scelta di edificare la Sacrestia in una posizione isolata rispetto alla Chiesa fu dovuta probabilmente al poco terreno a disposizione e alla volontà di lasciare il massimo risalto all’imponente tribuna della Basilica. L’interno della Sacrestia, un’ampia aula rettangolare conclusa da un’abside, presenta una volta decorata da un finto cielo azzurro cosparso di stelle dorate. Lungo le pareti laterali corrono ancora le armadiature decorate del Cinquecento realizzate per ospitare i preziosi arredi liturgici (oggi perduti) donati dal Moro al Convento dopo la morte della sua sposa Beatrice d’Este. La tradizione vuole che lungo la parete sinistra della Sacrestia vi fosse un passaggio segreto che collegava il Convento al Castello Sforzesco (tale passaggio è andato distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale). Dal 2009 la Sacrestia del Bramante è sede del progetto espositivo del Codice Atlantico insieme con la Sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana.

Il capolavoro di Leonardo da Vinci

Dal sagrato della chiesa di Santa Maria delle Grazie si accede al refettorio dei domenicani, luogo fortunatamente scampato ai bombardamenti del 1943. Su una parete del refettorio Leonardo da Vinci tra il 1494 e il 1497 dipinse il Cenacolo. L’affresco è sicuramente stato commissionato da Ludovico il Moro come parrebbero attestare sia una lettera del Duca sia le tre lunette con le insegne ducali sopra l’opera. Il tema, l’Ultima cena di Gesù, forse suggerito dai domenicani, è rappresentato nel momento più drammatico raccontato dal Vangelo. Al centro tra gli Apostoli Gesù proferisce la frase “Uno di voi mi tradirà” e queste parole scatenano quelli che Leonardo chiama “i moti dell’animo”. Si vedono nei gesti concitati degli Apostoli, nei loro volti increduli, negli sguardi attoniti e nel ritrarsi di uno solo, Giuda.

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La basilica del Santo patrono

Dal Castello si giunge percorrendo la trafficata via Carducci in piazza Sant’Ambrogio. Prima di entrare nella Basilica si incontra una colonna romana nota come “colonna del Diavolo”. Secondo la tradizione il demonio mentre lottava con sant’Ambrogio avrebbe conficcato le sue corna nella colonna e si dice che dai due fori presenti nella pietra esca ancora odore di zolfo. La Basilica venne costruita nel 379 con il nome di Basilica Martyrum per volere di sant’Ambrogio sul luogo della sepoltura dei santi Gervaso e Protasio. Capolavoro dell’architettura romanica lombarda, a partire dal IX secolo ha subito una serie di interventi e l’aspetto attuale risale al primo secolo dell’anno Mille. La facciata è preceduta da un quadriportico, detto di Ansperto, un tempo luogo di assemblee popolari.

Le arcate sono rette da massicci pilastri terminanti in capitelli variamente scolpiti, alcuni con decorazioni floreali, altri con animali mostruosi e fantastici. La facciata a capanna è incorniciata tra due campanili, quello a sinistra dei Canonici e quello a destra dei Monaci. L’interno della basilica è a tre navate: in fondo a quella centrale si trova l’altare d’oro di Volvinio (metà del IX secolo) protetto dal ciborio o baldacchino bizantineggiante sostenuto da quattro colonne di porfido rosso. Ancora un bestiario medievale decora gli angoli più nascosti e le arcatelle del pulpito, alcuni sono veri, ma trattati con fantasia, altri sono creature di pura invenzione. Sotto il pulpito si trova un sarcofago proto-cristiano: gli storici pensano possa essere il sarcofago di Stilicone e della sua consorte scolpiti nel marmo. Il vastissimo mosaico dell’abside rappresenta il Redentore circondato da santi e la Visione di Sant’Ambrogio (che vide in sogno i funerali di San Martino). Nella cripta risalente alla metà del X secolo riposa tra i martiri Gervaso e Protaso Sant’Ambrogio. Dalla navata di sinistra si esce nel cortile della canonica: il portico è opera di un giovane Bramante e le colonne concepite come alberi sfrondati ne sono la firma. Qui trova anche la chiesetta di San Sigismondo.

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Una chiesa nella Basilica

Il Sacello di San Vittore in ciel d’oro (circa V secolo) si trova in fondo alla navata di destra; in origine era isolato, solo nel Quattrocento fu inglobato nel complesso della basilica. L’accesso nella penombra non anticipa di certo l’esplosione di luce dorata che attende il visitatore. É la luce aurea dei mosaici che decorano questa piccola basilica dove è sepolto san Vittore il Moro, un soldato di stanza a Milano martirizzato dall’imperatore Massimiano. Accanto al corpo del martire Sant’Ambrogio fece seppellire suo fratello, San Satiro. La volta del sacello è interamente in oro. Al centro il ritratto di Vittore, sul suo capo vi è raffigurata la corona gemmata propria dei martiri. Sui muri laterali della cupola sono raffigurati per intero sei santi: Protasio e Gervasio, i vescovi milanesi Ambrogio (il suo volto è rappresentato con impressionante realismo) e Materno, i martiri Narbore e Felice.

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