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Piazza Mercanti, Palazzo della Ragione: i luoghi della Milano Medievale

SOMMARIO

“Mi sono accorto che non soltanto gli stranieri, ma anche i miei stessi concittadini dormono, per dir così, nel deserto dell’ignoranza, e non conoscono le meraviglie di Milano.” Con queste parole, il poeta milanese Bonvesin de la Riva (1240-1315 circa), introduce la sua opera De magnalibus urbi Mediolani (1288), descrizione celebrativa della città di Milano basata sull’osservazione della realtà quotidiana. Ecco perché aveva ragione

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Piazza Mercanti, Palazzo della Ragione: i luoghi della Milano Medievale

“Mi sono accorto che non soltanto gli stranieri, ma anche i miei stessi concittadini dormono, per dir così, nel deserto dell’ignoranza, e non conoscono le meraviglie di Milano.” Con queste parole, il poeta milanese Bonvesin de la Riva (1240-1315 circa), introduce la sua opera De magnalibus urbi Mediolani (1288), descrizione celebrativa della città di Milano basata sull’osservazione della realtà quotidiana.

Milano appare come una città dove scorrono buone acque e si respira aria pura; sotto numerosi campanili vi sono splendidi palazzi e dimore private; nelle numerose e operose botteghe di tessitori di seta, lane e cotone, calzolai, conciatori di pelli, sarti, fabbri brulicano gli affari e numerosi mercanti viaggiano per l’Europa.

Milano, dopo la decadenza seguita allo spostamento della capitale dell’Impero romano a Ravenna, travolta dagli attacchi dei Barbari e distrutta da Federico II di Svevia nel 1162 (l’Imperatore era stato chiamato in aiuto da altri comuni italiani che volevano contrastare il primato milanese) torna solo nel XIII secolo nell’orbita di un destino favorevole che la renderà un centro economico e produttivo di primaria grandezza.

All’inizio del 1200 due famiglie di estrazione feudale si contesero il potere sul comune di Milano: i ricchissimi Della Torre (poi Torriani) e i meno facoltosi Visconti. I primi si misero alla guida della città nel 1240 contribuendo a rendere il comune forte economicamente e aprendo i commerci oltralpe.

La politica anticlericale dei Torriani indusse tuttavia la curia romana a imporre nel 1262 un proprio candidato ad arcivescovo di Milano, Ottone Visconti. Ed è così che, dopo anni di lotte intestine, nel 1277 Ottone Visconti divenne signore indiscusso di Milano e per i successivi 150 anni circa i Visconti furono prima signori poi duchi, dal 1395, di Milano.

La Pusterla di Sant’Ambrogio


Sotto il loro governo la città venne abbellita: furono costruiti ponti, strade e mercati coperti e le mura comunali vennero rafforzate. La Pusterla di Sant’Ambrogio era una porte minori delle mura medievali: quella esistente è una ricostruzione del 1939, mentre la Porta Ticinese medievale si trova tra l’omonimo corso e la piazza antistante la Basilica di San Lorenzo.

L’accesso medievale meglio conservato è certamente Porta Nuova oggi inglobata tra edifici moderni al fondo di via Manzoni dove appunto passava l'antica cerchia muraria medievale della città.

Piazza Mercanti


Il nucleo medievale di Milano di maggiore impatto si trova oggi dietro il Duomo (allora non era ancora stato costruito): l’attuale Piazza Mercanti, oggi ampia meno della metà di quella originale che comprendeva anche via dei Mercanti con il Palazzo dei Giureconsulti, era nel XIII secolo il centro della vita cittadina milanese. Essa aveva pianta rettangolare e dal 1228 fu adibita a Nuovo Broletto in sostituzione del vecchio che si trovava nell’area dove attualmente sorge il Palazzo Reale.

La piazza all’epoca comunicava con i sei quartieri storici della città attraverso sei arcate corrispondenti alle sei porte della cerchia delle mura medievali. Intorno si incrociava un dedalo di vie che ancora oggi portano i nomi delle potenti Corporazioni medievali: Orefici, Cappellari, Armorari, Spadari, Speronari.

Palazzo della Ragione


Nella piazza si radunava il popolo con i Consoli di Giustizia, i Capitani del Popolo e i Magistrati. Nel 1228 al centro della piazza iniziò la costruzione del Palazzo della Ragione che inizialmente era stato progettato come un portico aperto adibito ad assemblee, arbitraggi e ordinanze. Nel 1233, il Podestà Oldrado da Tresseno, il cui altorilievo equestre è ancora oggi visibile nella facciata del palazzo che guarda verso la piazza, fece alzare il porticato di un piano con la costruzione di una grande sala superiore dove si riuniva il Consiglio dei Novecento.

Durante i lavori venne ritrovato un piccolo bassorilievo del VII secolo a.C. con l’emblema della “scrofa semi-lanuta”, posizionato poi sotto le arcate dove ancora oggi è possibile vederlo. Si tratta del simbolo più antico di Milano a cui la tradizione attribuisce l’etimologia di Mediolanum. Secondo la leggenda la città sarebbe stata infatti costruita dove era stata avvistata una scrofa coperta di lana per metà.

Loggia degli Osii


Dirimpetto al palazzo della Ragione nel 1313 Matteo Visconti fece costruire la Loggia degli Osii sotto la quale si riunivano notai e banchieri. Dal balconcino o “parlera” della Loggia, oggi ancora visibile, venivano proclamate le ordinanze di interesse pubblico e le sentenze. Al centro della piazza dei Mercanti c’era la “pietra dei falliti”, un masso appuntito sul quale erano condannati a sedere gli insolventi (al suo posto oggi si trova un pozzo del XVI secolo) i beni sequestrati dei quali venivano messi all’asta.

In quegli stessi anni dalla Toscana arrivarono a Milano artisti come Giovanni di Balduccio e Giotto. Di quest’ultimo si sa che giunse a Milano nel 1335, quasi settantenne, per decorare la Sala delle udienze del Palazzo di Azzone Visconti di cui purtroppo non resta nulla. Del soggiorno a Milano di Giotto è ritenuta indiretta testimonianza il grande affresco con la Crocifissione collocato sulla parete a sinistra della chiesa di San Gottardo in Corte, situata alle spalle dell’attuale Palazzo Reale.

Nulla testimonia sia opera di Giotto, ma certamente è un segno dell’attività a Milano dei suoi seguaci più stretti. Nel suo aspetto originario è arrivata fino a noi la torre campanaria della Chiesa dotata da Azzone di uno dei primi orologi pubblici di Milano e che è opera dell’architetto cremonese Francesco Pegorari. All’interno della Chiesa sulla parete sinistra sono stati infine ricomposti i frammenti del monumento funebre di Azzone Visconti dello scultore pisano Giovanni di Balduccio.

Tra il 1355 e il 1362 Giovanni Visconti chiamò a corte il poeta Francesco Petrarca. In una sua lettera il poeta scrive di aver abitato in una casa vicino alla chiesa, di fronte alla Basilica di Sant’Ambrogio: una lapide in via Lanzone ricorda il suo passaggio. Come rocca difensiva negli anni fra il 1360 e il 1370 venne iniziata la costruzione del Castello, poi trasformato in residenza dall’ultimo duca, Filippo Maria.

Veneranda Fabbrica del Duomo


Nel 1387 Gian Galeazzo Visconti istituì la Veneranda Fabbrica del Duomo con lo scopo di portare avanti i lavori di progettazione e costruzione della nuova Cattedrale dedicata a Santa Maria Nascente. Lo stesso Duca decise di sostituire il mattone, pensato per la costruzione del Duomo nel progetto iniziale, con il marmo più adatto al Gotico e a tal fine nello stesso anno cedette in uso alla Fabbrica le cave di Candoglia e concesse il trasporto gratuito dei marmi fino a Milano per via d’acqua.

Il trasporto del materiale avveniva lungo il Ticino e il Naviglio Grande e poi dentro alla città fino al Laghetto di Santo Stefano in Brolo, oggi via Laghetto, a poche centinaia di metri dal cantiere della Cattedrale dove veniva lavorato. I barcaioli, per entrare in città, utilizzavano una parola d’ordine: “AUF”, abbreviazione di “Ad usum fabricae”, cioè a uso della Fabbrica, con la quale potevano passare senza pagare gabelle. Da allora in Lombardia l’espressione “A ufo” significa “gratuitamente”.

Il Duomo non è il frutto di un unico progettista, ma di una équipe cui parteciparono i migliori architetti, ingegneri, scultori e capimastri lombardi, come Simone da Orsenigo, e consulenti stranieri, annualmente convocati dal Duca fino al 1400. Iniziarono così i lavori di costruzione del Duomo e alla morte di Gian Galeazzo Visconti, nel 1402, quasi metà dell’opera era compiuta. Per completarla ci sarebbero voluti altri 400 anni.

La Milano sforzesca


Nel 1447 la morte di Filippo Maria, ultimo dei Visconti senza eredi maschi, lasciò il ducato in una difficile situazione assai allettante per i diversi pretendenti alla successione: il re di Napoli Alfonso d’Aragona, Venezia e la Francia. Il partito aristocratico antivisconteo proclamò la Repubblica Ambrosiana, ma in un momento tanto confuso nel giro di tre anni fu facile per l’astuto capitano di ventura Francesco Sforza, già sposo della figlia illegittima di Filippo Maria Visconti, Bianca Maria, prendere d’assedio a Milano ed entrarvi acclamato il 26 febbraio 1450.

Il Castello


A Milano Francesco Sforza fece ricostruire il Castello edificato dai Visconti e diroccato durante gli anni della Repubblica Ambrosiana: i milanesi avevano deciso di demolire la rocca e riutilizzare le pietre per restaurare la cinta di mura della città. All’architetto toscano Filarete, Francesco Sforza commissionò il progetto della torre di ingresso mentre i torrioni rotondi furono edificati dall’architetto militare Bartolomeo Gadio: l’antica rocca difensiva si trasformò in un elegante edificio dove ospitare una corte sfarzosa.

Francesco Sforza fece inoltre progettare dal Filarete l’Ospedale Maggiore, detto Ca’ Granda oggi sede dell’Università di Milano allora un nosocomio che ospitava malati con speranza di guarigione. A dimostrazione del forte legame creato dallo Sforza con i potenti Medici di Firenze, il trasferimento nel 1452 da Firenze a Milano di Pigello Portinari che assunse la direzione della filiale lombarda del Banco Mediceo. Portinari a Milano fece costruire la Cappella Portinari intitolata a san Pietro Martire (all’interno della Basilica di sant’Eustorgio), destinata a conservare l’Arca di san Pietro Martire, capolavoro di Giovanni di Balduccio e affrescata con episodi della vita del Santo e della Vergine da Vincenzo Foppa.

La pace instaurata dallo Sforza favorì la ripresa dei commerci, spingendo in particolare la produzione e la diffusione anche all’estero di velluti, sete, tappezzerie e broccati di produzione lombarda. Il figlio di Francesco Ludovico Sforza detto il Moro si profuse per la costruzione di efficienti attrezzature assistenziali, la Congregazione di pietà e del Monte di pietà (1483), un istituto di pegno che si impegnava ad aiutare gli indigenti attraverso sovvenzioni gratuite in denaro e il Lazzaretto.

Quest’ultimo venne costruito fuori dalla Porta orientale (attualmente viale Tunisia) per ospitare gli appestati e fu provvidenziale a fronte delle tre grandi epidemie che colpirono Milano nel 1524, nel 1576 e nel 1629. Si trattava di un grande recinto quadrato (con lati da 375 metri) a ingresso unico circondato da un fossato riempito d’acqua. Al centro del complesso sorgeva una cappella nella quale venivano officiate le celebrazioni sostituita nel 1585 dalla Chiesa di San Carlo al Lazzaretto unica struttura esistente a memoria del Lazzaretto (Largo Bellintani) oltre a un piccolo tratto di mura in via san Gregorio.

Ultima Cena


Grande mecenate, Ludovico Sforza ospitò alla sua corte musicisti, pittori e artisti come Leonardo da Vinci e l’architetto Donato Bramante. Il primo arrivò a Milano nel 1482 e rimase alla corte degli Sforza per 25 anni. Ludovico il Moro commissionò a Leonardo la rappresentazione dell’Ultima Cena affresco situato nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Sempre su commissione del Duca all’interno del Castello Sforzesco Leonardo affrescò la bellissima Sala delle Asse (1498 circa).

La presenza di Leonardo a Milano è documentata anche dal suo dipinto Il musico conservato alla Pinacoteca Ambrosiana e dal Codice Atlantico custodito alla Biblioteca Ambrosiana. Durante il soggiorno a Milano Leonardo dedicò il suo ingegno e la sua passione per le opere idrauliche al sistema dei Navigli in particolare del Naviglio Grande “vale 50 ducati d’oro. Rende 125.000 ducati l’anno il Naviglio ed è lungo 40 miglia e largo braccia 20”.

Per avere un’idea delle chiuse progettate da Leonardo da Vinci e documentate nel Codice Atlantico si possono oggi vedere i portoni in legno della Conca dell’Incoronata all’inizio di via San Marco. Quanto a Donato Bramante, restano a Milano due suoi capolavori. La chiesa di Santa Maria presso San Satiro è a due passi dal Duomo, seminascosta in via Torino, con una facciata anonima in pietra grigia (l’originale del Bramante non fu terminata e in seguito abbattuta). All’interno dietro l’altare pare ci sia un grande spazio, un’abside con tanto di colonne e decorazioni. In realtà dietro l’altare non c’è spazio, ma un capolavoro prospettico opera di Bramante.

Non potendo la Chiesa avere un’abside reale, Bramante inventò una finta abside, una soluzione considerata antesignana di tutti i tromped’oeil. L’intervento di Bramante in Santa Maria delle Grazie si pone come la conclusione della chiesa iniziata nel 1463 da Guiniforte Solari in stile gotico. Nel 1492 Bramante avviò la costruzione della tribuna con la grandiosa cupola, seguita dalla Sacrestia e dal chiostro antistante.

Verso la decadenza


Nel corso del XVI secolo il Ducato di Milano fu al centro delle contese tra i re francesi, Luigi XII prima e Francesco I poi e Carlo V. Nel 1516 l’anno successivo alla vittoriosa battaglia di Marignano, i francesi con la Pace di Noyon riottennero per un breve periodo il Ducato lombardo che tornò sotto la dominazione asburgica a seguito della battaglia di Pavia nel 1525. Il ducato di Milano fu assegnato a Francesco II Sforza il quale governò sotto lo stretto controllo degli Asburgo. Nel 1535 alla morte dello Sforza, l’imperatore mantenne il diretto dominio del ducato, ritenendolo la “chiave d’Italia”, che poi passò ai suoi eredi: il dominio spagnolo a Milano durò fino alle soglie del XVIII secolo.

Non fu per Milano un periodo di prosperità: la città sprofondò nell’abbandono e per di più nel 1630 fu vittima dell’ennesima epidemia di peste così come si legge nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. A memoria della dominazione spagnola restano tratti di mura, bastioni, in piazza Medaglie d’Oro, lungo viale Vittorio Veneto, e lungo la piccola circonvallazione, chiamata “cerchia delle mura spagnole”. Esse erano vere e proprie fortificazioni erette per proteggere la città antica e un tratto di terreno coltivato e di riserva per lo sviluppo della città stessa.

Nel periodo spagnolo a Milano dominarono i Borromeo: San Carlo, fece di Milano la roccaforte della Controriforma cattolica e fece costruire alcune chiese tra cui San Fedele (Piazza san Fedele) costruita per ospitare la Compagnia di Gesù. Il cugino di san Carlo il cardinale Federico Borromeo fondò a Milano nel 1609 la Biblioteca Ambrosiana, una delle prime aperte alla pubblica lettura (1609) e l’omonima Pinacoteca (piazza Pio XI, 2) ideata fin dal 1607 e costituita nel 1618 che doveva servire di modello a una futura Accademia di belle arti per la formazione e l’educazione del gusto estetico “per un servizio universale” a gloria di Dio e per la promozione integrale dei valori umanistici. Nella Pinacoteca confluirono nel corso degli anni opere di Raffaello, Leonardo, Luini, Tiziano, Caravaggio, Brueghel.

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